Parliamo di rischio chimico partendo dall’art. 222 del testo unico che ci dà alcune definizioni importanti:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
- agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del Decreto Legislativo 3 febbraio 1997, n. 52(N), e successive modificazioni, nonché gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto Decreto. Sono escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente;
- agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del Decreto Legislativo 14 marzo 2003, n. 65(N), e successive modificazioni, nonché gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto Decreto. Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l’ambiente;
- agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;
- c) attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa;
- d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato nell’ALLEGATO XXXVIII;
- e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell’appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è riportato nell’ALLEGATO XXXIX;”
Nella valutazione dei rischi cosa si deve considerare?
Vediamolo all’art. 223 comma 1:
a) le loro proprietà pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal responsabile dell’immissione sul mercato tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi dei Decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche;
c) il livello, il modo e la durata della esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti tenuto conto della quantità
delle sostanze e dei preparati che li contengono o li possono generare;
- e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un primo elenco è riportato negli allegati ALLEGATO XXXVIII e ALLEGATO XXXIX;
- f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
- g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese.
Quindi già qui abbiamo alcune utili indicazioni sulla redazione della VDR chimico.
Dovremo per prima cosa procurarci le schede di sicurezza (possibilmente aggiornate all’ultimo adeguamento, in italiano e che devono essere obbligatoriamente fornite con il prodotto alla PRIMA fornitura io in fase di campionatura) di ogni sostanza o preparato utilizzato in azienda, i quantitativi di sostanza utilizzati al giorno, informazioni su come vengono utilizzate (escono da un’apparecchiatura, vengono usate per la manutenzione della macchina, sparse a pennello/spray/spruzzo, sversate da una tanica, ecc…), per quanto tempo sono utilizzate, se è possibile che dall’uso di queste sostanze se ne generino altre (per esempio per reazione chimica o per decomposizione termica), cosa si fa attualmente per contenere il livello di esposizione (ho un’impianto di aspirazione? uso dei DPI? ci sono sistemi di utilizzo chiusi e cioè senza contatto della sostanza con l’operatore? ecc..), eventuali conclusioni del medico competente sulla sorveglianza sanitaria.
Al comma 2 è evidenziato un aspetto che raramente è preso in considerazione dal DdL: “Nella valutazione medesima devono essere incluse le attività, ivi compresa la manutenzione e la pulizia, per le quali è prevedibile la possibilità di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo l’adozione di tutte le misure tecniche”.
Spesso manutenzione e pulizia sono trascurate quali attività da includersi nel rischio chimico, anche se esse possono provocare, pure saltuariamente, dei livelli di esposizione molto elevati.
Inoltre è importante verificare l’effetto complessivo di tutte le sostanze utilizzate in una mansione (comma 3).
Evidenziamo poi un altro aspetto importante: se dalle schede di sicurezza non si evidenzia nessun pericolo o se comunque io so che per il tipo di sostanza e il modo di utilizzo, i miei lavoratori non saranno esposti a un livello di rischio superiore ai limiti di soglia, allora posso mettere nella VDR generale che non ritengo necessario approfondire la valutazione.
Attenzione: al DdL spetta l’onere della prova! In caso di verifica quindi il DdL dovrà giustificare il perché di questa scelta.
Inoltre a differenza di quanto avviene per la VDR generale per cui ci sono 90 giorni di tempo dall’inizio di una nuova attività per poter redigere la VDR e il DVR, per il rischio chimico questa deroga non sussiste e la valutazione va redatta prima dell’inizio dell’attività.
Per prevenire, eliminare e/o ridurre i rischi da esposizione ad agenti chimici ci sono diverse strade da intraprendere che vengono indicate dal testo unico:
- a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
- b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
- c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
- d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;
- e) misure igieniche adeguate;
- f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
- g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
Cosa notiamo?
Che per la gestione del rischio chimico dobbiamo strutturare adeguatamente il luogo di lavoro, scegliere attrezzature idonee e fare adeguata manutenzione, ridurre al minimo i quantitativi di sostanze chimiche presenti sul luogo di lavoro (in pratica lo stoccaggio delle scorte deve avvenire in un magazzino separato e comunque non deve essere eccessivo), la durata dell’esposizione la sua intensità.
Deve inoltre essere gestita anche questa fase di immagazzinamento e trasporto all’interno della valutazione.
Ho lasciato in ultimo due fattori molto importanti:
- la gestione anche del RIFIUTO da sostanza chimica e quindi la valutazione del rischio per gli addetti a tali operazioni
- l’obbligo a limitare il numero degli esposti al rischio.
Ho evidenziato in grassetto questo obbligo perché di solito il concetto che viene applicato è “su questa schifosissima e mefitica mansione devono girare tutti gli operatori” e di solito si applica una rotazione settimanale o mensile.
Questo non è del tutto ammissibile, anzi a mio parere lo è molto poco.
Il rischio infatti viene valutato su base giornaliera e per contenerlo sotto il livello di “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute” la rotazione deve essere, nei casi peggiori, molto rapida, a volte anche oraria.
Questo in un’azienda di carattere produttivo è di solito molto difficile e si applica generalmente una rotazione al massimo ogni 4 ore che raramente è sufficiente a contenere il rischio in modo sostanziale.
Quello che si dovrebbe fare è quindi valutare il rischio per mansione su base 8 ore, e poi ragionare (tramite simulazioni) su cosa accadrebbe incrementando la rotazione fino al massimo limite compatibile con l’organizzazione della produzione.
Quindi possiamo effettuare la simulazione o con campionamenti di durata 1, 2, 4 e 8 ore (ad esempio) oppure creando diversi schemi mansione con il metodo MoVaRisch che è l’unico accreditato per la VDR chimico fatti salvi i campionamenti ambientali e personali degli agenti chimici.
Un altro aspetto che va a inficiare l’efficacia della rotazione è la difficoltà poi di ricondurre l’esposizione a sorveglianza sanitaria.
Infatti con questo sistema dovrei sottoporre tutti i lavoratori ad accertamenti in merito a questo rischio e quindi a seconda del tipo di agente da valutare dovrò effettuare esami, per tutto il personale esposto. su:
- capacità respiratoria (spirometria)
- urine
- sangue
Questa è una scelta molto poco amata dai medici che infatti prediligono rotazioni “lunghe” (ad esempio annuali) che permettono un monitoraggio più regolare e meno dispersivo.
Infatti per tutelare tutti (dipendenti, sé stesso e azienda) il medico opterà sempre per la sorveglianza sanitaria più stretta e cioè per sottoporre tutti gli esposti agli esami del caso.
Di solito chi caldeggia questa opzione sono i lavoratori e i RLS, e se per i primi mi sento di giustificare una non consapevolezza in merito al fatto che difficilmente il rischio verrebbe sensibilmente ridotto, per i secondo mi duole dire che l’ignoranza della legge non è ammessa.
Il numero degli esposti va ridotto al minimo, e su questo c’è poco da scialare.
Se poi la valutazione non rileva mansioni con rischio “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute” allora ci fermeremo a questo livello.
Cosa succederà in caso contrario è una tematica da affrontare successivamente.
Fonte: SAC Ambiente servizi di consulenza ambientale